Intermediari assicurativi che utilizzano male i social, App consultive e non dispositive, linguaggio social “freddo” e poco incisivo, mancanza di una visione a priori. La società di consulenza Macros Consulting fa il punto. Il presidente Scarioni: «Da noi c’è un problema di mancanza di cultura “digital” e di alfabetizzazione». Rossella Vignoletti, digital strategic consultant della società: «Oggi, la brand experience passa per il 90% da quello che un utente vede dal telefonino, sull’iPad ecc.». Ma molti intermediari (e anche compagnie) non si rendono conto…
La distribuzione è diventata una leva fondamentale per realizzare i piani industriali delle società. Anche nel settore assicurativo. Ne è convinta Macros Consulting, società di consulenza con sede a Milano specializzata nella progettazione e sviluppo di ecosistemi digitali, modelli di distribuzione e ricerca e analisi integrate. Competenze che la società ha messo e continua a mettere a disposizione delle compagnie, ma anche degli intermediari assicurativi.
E visto che la società guidata dal presidente Angelo Scarioni (economista ed esperto a livello internazionale su strategie d’impresa e modelli di distribuzione, nella foto a lato) si occupa, fra le altre cose, di pianificare interventi su misura sui canali tradizionali e on line, assistendo le compagnie assicurative e, come specificato prima, anche gli intermediari assicurativi (agenti e broker), Tuttointermediari.it ha voluto approfondire questo tema e cioè il rapporto fra innovazione tecnologica e comunicazione digitale e gli attori del settore (compreso gli intermediari).
Proprio sull’aspetto legato al digital, Macros Consulting sta puntando molto al punto che, due anni fa, ha creato una specifica divisione digital. «In Macros ci sono tre blocchi fondamentali: company, channel, client», spiega Scarioni a Tuttointermediari.it. «Sopra c’è il digital, che quindi non è ex post, ma è ex ante. È questo il valore che stiamo dando e che vogliamo dare nell’ambito della nostra strategia di consulenza». E Rossella Vignoletti (foto in basso), digital strategic consultant di Macros, aggiunge: «Il digital lo intendiamo come qualcosa che sta al top, perché oggi molti processi in realtà passano da lì o hanno quello come output finale».
In questa intervista, Scarioni e Vignoletti raccontano quello che sta accadendo attorno al mondo dell’intermediazione assicurativa, soprattutto come, questo, sta utilizzando i canali digitali.
Domanda. Come arrivate al mondo della distribuzione?
Scarioni. Attraverso l’esperienza del nostro Osservatorio insurance 2.0 (creato da Macros Research, realizza ricerche per il mercato assicurativo sulle dinamiche della distribuzione in Europa e si occupa, tra le altre cose, dell’analisi e del monitoraggio delle attività social di compagnie e agenzie che utilizzano questi network per il proprio business, ndr). È uno strumento che ci consente di osservare proprio l’utilizzo dei canali. Le dico subito che spesso e volentieri la gran parte delle iniziative a livello distributivo è miseramente fallita proprio perché mancava una visione a priori. Le faccio un esempio semplice: l’apertura di una pagina su Facebook. Operazione, questa, fatta senza avere nessuna visione.
Vignoletti. La distribuzione è l’ultimo miglio che collega il cliente all’azienda e allo stesso modo il lato digital della distribuzione è l’ultimo miglio attraverso il quale il cliente giudica. La faccia dell’intermediario o della compagnia non è più solo fisica, ma il discorso viene ampliato, anche con la ricerca on line. Spesso ci si muove un po’ “allegramente”, aprendo pagine e account di qua e di là senza un obiettivo preciso e senza una organizzazione che invece sarebbe necessaria. Oggi, la brand experience passa per il 90% da quello che un utente vede dal telefonino, sull’iPad ecc. Nel mercato italiano, da questo punto di vista, c’è ancora tantissimo da fare.
D. È su questo, quindi, che volete puntare…
Vignoletti. Macros Consulting, che si lavori con le compagnie o con la distribuzione, opera attraverso un processo che parte dalla strategia e che non può prescindere da una fase di assesment seria e strutturata. Si tratta, in sostanza, di ridefinire i processi: questo rappresenta il nostro core e in Italia questo è lo scoglio più grande. Ci sono tantissimi casi di insuccesso dovuti a questo.
Scarioni. Le nostre fasi di consulenza strategica sono due: quella analitica, che è stata definita di assestment e che poi termina con la proposta, e quella dell’execution, che richiede molta cura affinché l’output sia oggettivamente integrato con la realtà, avendo un effetto operativo. Il consulente è colui il quale alla fine se è bravo rilascia le competenze e non tiene legato l’interlocutore…
D. Entriamo nel dettaglio e vediamo cosa sta accadendo, dal punto di vista della distribuzione e del rapporto con il digital, nel mondo assicurativo e in particolare dell’intermediazione. Innanzitutto balza all’occhio il fatto che non tutte le compagnie assicurative e le associazioni di categoria degli intermediari sono presenti su tutti i canali social…
Vignoletti. Esatto. Noi sottolineiamo che ci sono dei principi base che sarebbe saggio che tutti seguissero. Poi alcuni sono presenti, ma con contenuti estremamente light…
Scarioni. Un conto è andare a nuotare in piscina, un conto è farlo in un mare aperto. Ecco, andare sui social significa nuotare in mare aperto. Se non si ha la competenza, i risvolti possono essere anche negativi. Vede, la distribuzione assume un ruolo rilevante. Prima le compagnie facevano il prodotto e lo vendevano, mentre adesso valutano a quale canale affidarlo e come devono commercializzarlo. E mentre prima si dava al cliente di tutto e di più, oggi non è più così, perché il modello di relazione con lo stesso cliente è cambiato. Una rivoluzione copernicana nella quale si devono investire molte risorse e anche in attività di ricerca. Abbiamo cercato di trasferire questi concetti anche al mondo delle associazioni, ma si fa molta fatica perché gli interessi oggettivi che caratterizzano le stesse associazioni spesso annullano qualunque tipo di idea.
D. Più facile dialogare con i gruppi aziendali agenti?
Scarioni. Anche i gruppi agenti subiscono per certi versi una mancata alfabetizzazione del mondo digitale.
Vignoletti. In Italia c’è sicuramente un gap culturale rispetto ad altri paesi, per esempio quelli anglosassoni. Noi questo gap lo stiamo ancora subendo e stiamo cercando di colmarlo. Il mondo assicurativo in particolare fa un pò più fatica di altri. Come sottolineava Scarioni è probabilmente un problema di alfabetizzazione e di cultura. Bisogna creare proprio una cultura del digitale. Anche presso la distribuzione.
D. Eppure diversi gruppi aziendali agenti hanno creato le loro App…
Vignoletti. Noi monitoriamo le App delle compagnie e delle rappresentanze agenziali. In Italia, generalmente, il tema è principalmente uno: le App non sono quasi mai dispositive, servono tendenzialmente per consultare informazioni, ma non forniscono informazioni particolarmente utili. In moltissimi casi le App sono addirittura un clone dei rispettivi siti, in una dimensione più piccola. L’App secondo noi non è questo, prova ne è il fatto che le App concepite in questo modo hanno un numero di download che definirei “ridicolo”. Il nostro concetto di App è totalmente diverso: deve essere un ecosistema a valore aggiunto e deve avere due caratteristiche: essere dispositiva, e quindi permettere di fare qualcosa, e dare informazioni utili, che nascano dalla prossimità. Devono essere più “aperte” al mondo e non parlare solo di sé.
D. Parliamo di Facebook. Gli agenti, ma anche i broker, lo stanno utilizzando anche in chiave “professionale”. Quale è la valutazione di Macros Consulting?
Scarioni. Vediamo la stessa logica applicata ai siti a livello distributivo: parlano di sé e non del territorio. Questo strumento non è per l’intermediario un elemento che favorisce il modello di relazione con il cliente, perché non c’è cultura.
Vignoletti. Il modo peggiore di utilizzare Facebook è una comunicazione “fredda”. Per esempio non serve a nulla replicare sulla propria pagina Facebook le caratteristiche del prodotto che la compagnia ha pubblicato sul proprio sito. Quello che invece è importante è creare un piano editoriale, che contenga un mix di informazioni sui prodotti, spiegati in una forma molto più semplice e raccontati magari in un altro modo. Ricordo che chi va su Facebook generalmente non è la stessa persona che va sul sito della compagnia. Occorre ragionare anche su contenuti perché no un po’ più light. Per esempio informare su ciò che succede sul territorio in cui si opera: la sponsorizzazione di una mostra o gli uffici aperti il sabato mattina. La pagina Facebook deve raccontare.
D. Quale è il primo errore che riscontrate nell’utilizzo di Facebook?
Vignoletti. Alcuni agenti utilizzano questo social network non facendo una distinzione netta fra persona fisica e società. Ci sono account che fai fatica a capire se sono dell’agenzia o dell’agente, con post che riguardano l’attività professionale e post con foto dell’intermediario al mare…Le assicuro che la percentuale di casi del genere è rilevante. (Nella foto a sinistra, un momento dell’intervista presso la sede di Macros Consulting, in largo Donegani 3 a Milano)
D. Perché ritenete imprescindibile il rapporto fra digitale e comunicazione?
Scarioni. Spesso e volentieri si pensa che il digitale sia un elemento legato soprattutto all’It o qualcosa che possa generare una riduzione dei costi e uno snellimento dei tempi; questo è vero solo in parte. Se si vuole essere efficace con il digitale bisogna legarlo assolutamente con l’aspetto della comunicazione. L’intermediario che utilizza Facebook deve entrare nell’ottica di accedere a una comunità che è proprio quella di Facebook. E deve avere un linguaggio appropriato proprio perché la rete fa aggregazione.
D. Investimenti sul fronte digital. Quanto investono le compagnie? E gli intermediari: devono attendere la mossa della/e mandante/i oppure muoversi in autonomia?
Scarioni. La questione è importante. La domanda di fondo è chi deve fare che cosa? In questo momento lo deve fare colui il quale ha maggiori risorse economiche e quindi la compagnia, ma ciò non esclude un investimento e una partecipazione anche da parte dell’intermediario, in una realtà condivisa, che veda un piano di sviluppo attraverso i canali social. La compagnia deve avere chiaro che fa questo non per bypassare il canale fisico, ma per valorizzare quello che lo stesso canale fisico sta facendo, per cui se pensa a un prodotto digitale deve calarlo in termini collaborativi e di consenso con la propria rete distributiva. Altrimenti fa un qualcosa che è a metà. Bisogna che ci sia un terreno su cui creare questo. Ci deve essere un processo di approccio strategico legato soprattutto all’aspetto comunicativo.
Fabio Sgroi – TuttoIntermediari.it
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